LOOP OR NO LOOP – (Circolare!)
Andrea Ayassot, Claudio Riaudo – musica
Elena Picco , Elisa Micol Busana- danza
Unix Puppet - teatro di figura
Ilaria Faletto, Paola Salaspini, Ilaria Olivari
Damiano Privitera – ideatore e tutor
Andrea Ayassot, Claudio Riaudo – musica
Elena Picco , Elisa Micol Busana- danza
Unix Puppet - teatro di figura
Ilaria Faletto, Paola Salaspini, Ilaria Olivari
Damiano Privitera – ideatore e tutor
L’idea di base è far interagire le figure plastiche, quelle costruite dal gruppo di ragazzi dello Unix Puppets, con le figure dei danzatori che si muoveranno in armonia con i pezzi suonati dai musicisti . La particolarità è che gli stessi danzatori saranno i manipolatori, utilizzando tecniche marionettistiche innovative, inventate sulla base degli esercizi di studio e improvvisazione fatte nel centro.
I materiali utilizzati saranno quelli poveri: cartapesta, bastoni, stoffe, e per l’assemblaggio delle figure ci si baserà su idee semplici ma evocatrici, lontane dal teatro tradizionale della figura ma che ne conterranno sempre il potere evocativo e metaforico, e la magia della creazione della vita nella materia morta.
La musica dovrà contenere un carattere di circolarità o darne il senso, perché il movimento dei ballerini e delle figure, nello scostarsi da questo loop, possano così evidenziare la loro vitalità e far nascere quello che viene definito più semplicemente “atto drammaturgico”.
Si lavorerà su canovaccio che darà una guida e solidità per gli intrecci che avverranno tra le varie discipline, quindi il restante spazio d’improvvisazione avrà il compito di rendere teatrale questo movimento.
Il tutto sarà eseguito su pedane che formeranno palchi di dimensione e forma in conformità al luogo in cui avverrà l’azione: se nei corridoio sarà lungo, in una sala sarà al centro, ecc.. e questo non sarà un aspetto secondario dell’azione, perché la “presentazione” dovrà avere, nella sua invasività, comunque un carattere estetico di libertà, e di liberta di movimento del pubblico.
I temi che verranno affrontati saranno minimalisti, basici, che riguarderanno le sensazioni più che storie. Ci si concentrerà su narrazioni di stati d’animo in cui il pubblico giovanile potrà inaspettatamente ritrovarsi senza seguire, nella brevità dell’incontro, una traccia complessa e in fin dei conti, incomprimibile nell’arco di pochi minuti.
Ci saranno dei testi di riferimento che non saranno propriamente teatrali, ma che potranno dare spunti più che efficaci per la creazioni di immagini simboliche, arcaiche, che vadano all’origine dell’animo umano e ne suggeriscano i gesti ai manipolatori.
Verranno quindi affrontate sensazioni che possono essere necessariamente rappresentate senza l’uso della parola se non intesa come suono. Sensazioni come il distacco, l’apatia, l’allegria, la felicità, la solitudine verranno indagate negli studi e nelle improvvisazioni per trovargli una chiave di lettura poetica, non banale, esteticamente coinvolgente.
In questo senso l’abbinamento danzatori e figura può avere una potenza sinergica espressiva moltiplicante degli effetti teatrali e di coinvolgimento emozionale.
La base di lavoro avrà la durata di ventun giorni: una prima settimana sarà dedicata alla costruzione delle figure una settimana per lavorare sugli esercizi di improvvisazione tra danzatori, figure e musicisti e un’altra settimana (o in base alle esigenze e alla risposta del territorio) dedicata agli incontri e alla presentazione delle azioni nelle sedi prescelte.
Con questo abbinamento cerchiamo quegli elementi fondamentali evocati nella premessa introduttiva: vogliamo cogliere di sorpresa con un messaggio poetico semplice ma profondo, che colpisca le persone nell’inconscio. E non si vuole puntare a costituire un pubblico momentaneo compatto, questo sarebbe il deragliamento dell’idea iniziale, anzi il risultato si otterrà se ci sarà liquidità intorno alle performance, dove il seme della coscienza di essere pubblico, quindi parte reattiva, si interrerà nell’animo e potrà crescere nel privato delle persone con l’ingrediente indispensabile: la curiosità, quella che saremo stati capaci di destare.
I materiali utilizzati saranno quelli poveri: cartapesta, bastoni, stoffe, e per l’assemblaggio delle figure ci si baserà su idee semplici ma evocatrici, lontane dal teatro tradizionale della figura ma che ne conterranno sempre il potere evocativo e metaforico, e la magia della creazione della vita nella materia morta.
La musica dovrà contenere un carattere di circolarità o darne il senso, perché il movimento dei ballerini e delle figure, nello scostarsi da questo loop, possano così evidenziare la loro vitalità e far nascere quello che viene definito più semplicemente “atto drammaturgico”.
Si lavorerà su canovaccio che darà una guida e solidità per gli intrecci che avverranno tra le varie discipline, quindi il restante spazio d’improvvisazione avrà il compito di rendere teatrale questo movimento.
Il tutto sarà eseguito su pedane che formeranno palchi di dimensione e forma in conformità al luogo in cui avverrà l’azione: se nei corridoio sarà lungo, in una sala sarà al centro, ecc.. e questo non sarà un aspetto secondario dell’azione, perché la “presentazione” dovrà avere, nella sua invasività, comunque un carattere estetico di libertà, e di liberta di movimento del pubblico.
I temi che verranno affrontati saranno minimalisti, basici, che riguarderanno le sensazioni più che storie. Ci si concentrerà su narrazioni di stati d’animo in cui il pubblico giovanile potrà inaspettatamente ritrovarsi senza seguire, nella brevità dell’incontro, una traccia complessa e in fin dei conti, incomprimibile nell’arco di pochi minuti.
Ci saranno dei testi di riferimento che non saranno propriamente teatrali, ma che potranno dare spunti più che efficaci per la creazioni di immagini simboliche, arcaiche, che vadano all’origine dell’animo umano e ne suggeriscano i gesti ai manipolatori.
Verranno quindi affrontate sensazioni che possono essere necessariamente rappresentate senza l’uso della parola se non intesa come suono. Sensazioni come il distacco, l’apatia, l’allegria, la felicità, la solitudine verranno indagate negli studi e nelle improvvisazioni per trovargli una chiave di lettura poetica, non banale, esteticamente coinvolgente.
In questo senso l’abbinamento danzatori e figura può avere una potenza sinergica espressiva moltiplicante degli effetti teatrali e di coinvolgimento emozionale.
La base di lavoro avrà la durata di ventun giorni: una prima settimana sarà dedicata alla costruzione delle figure una settimana per lavorare sugli esercizi di improvvisazione tra danzatori, figure e musicisti e un’altra settimana (o in base alle esigenze e alla risposta del territorio) dedicata agli incontri e alla presentazione delle azioni nelle sedi prescelte.
Con questo abbinamento cerchiamo quegli elementi fondamentali evocati nella premessa introduttiva: vogliamo cogliere di sorpresa con un messaggio poetico semplice ma profondo, che colpisca le persone nell’inconscio. E non si vuole puntare a costituire un pubblico momentaneo compatto, questo sarebbe il deragliamento dell’idea iniziale, anzi il risultato si otterrà se ci sarà liquidità intorno alle performance, dove il seme della coscienza di essere pubblico, quindi parte reattiva, si interrerà nell’animo e potrà crescere nel privato delle persone con l’ingrediente indispensabile: la curiosità, quella che saremo stati capaci di destare.